Degli IMI si parla poco e i catanesi furono decine di migliaia

In tempo di guerre internazionali che non accennano a risolversi, anche la memoria storica può essere un antidoto alla violenza. È questo uno dei messaggi  di “Vietato dimenticare, ricordando gli IMI ad ottant’anni dallo sbarco in Sicilia e dall’armistizio”, iniziativa organizzata dalla CGIL di Catania, dalla “Scuola Del Popolo”, dalla Flc Cgil e dallo Spi CGIL.   Degli  Internati Militari Italiani (IMI) però si parla poco e le loro storie non sono adeguatamente studiate a scuola.

Come ha sottolineato Carmen Coco, insegnante  FLC CGIL, figlia di un IMI e autrice del romanzo “Fucili e mandolino. La storia del soldato semplice Carmelo”: “Siamo chiamati ad operare un discernimento, avviare dialoghi e assunzioni di responsabilità, e non certo essere semplici comparse. Non penso che sia stato un caso che io e i miei fratelli siamo cresciuti con forti consapevolezze pacifiste”.

Chi furono gli IMI

Furono i militari, ufficiali, sottufficiali e soldati,  catturati dopo l’8 settembre 1943 che avevano combattuto a fianco dei tedeschi come alleati. Posti davanti alla scelta di passare dalla parte tedesca e combattere nella Wehrmacht o con le SS, rifiutarono in massa e, dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, si rifiutarono anche di aderire a quest’ultima.

Come accadde anche al padre di Giuseppina Rotella, oggi segretaria generale dello Spi Cgil di Catania, che divenne combattente non ancora ventenne e che rientrò cinque anni dopo, provato dalle malattie e dagli orrori della guerra nonostante la giovane età : “Da mio padre che pagò sulla propria pelle gli stenti e i dolori di quegli anni di prigionia, ho imparato che non ci si può lasciare abbattere dai soprusi e dalle prepotenze. – racconta Rotella- La guerra gli insegnò a stare sempre dalla parte dei deboli e non a caso fondò la Camera del Lavoro del suo paese, Gagliano Castelferrato in provincia di Enna”. 

Nel corso dell’incontro  Carmelo De Caudo, segretario generale della Cgil di Catania e Cettina Brunetto, segretaria generale della FLC Cgil di CT hanno sottolineato che dalla conoscenza della storia passa gran parte della comprensione dei valori democratici e dei diritti stessi garantiti dalla nostra Costituzione; dovrebbe  rimanere sempre al centro dei valori democratici.

 Parlarne alla cittadinanza è infatti l’obiettivo della Scuola del Popolo che, come ha sottolineato Rosaria Leonardi , segretaria confederale CGIL, “si propone di rivitalizzare l’animazione culturale che dia impulso alla socializzazione ed alla discussione tra le persone. Così come sta accadendo oggi, le sedi della CGIL sono messe a disposizione di tutti per favorire e creare nuove opportunità di imparare, approfondire e socializzare. Il modello della scuola del Popolo va ricercato nelle origini del sindacato, nelle società di Mutuo Soccorso, basate su principi fondamentali come quello della solidarietà e della Mutualità”.

Gli elenchi ufficiali non sono ancora aggiornati

L’intervento di Domenico Stimolo ha sottolineato la difficoltà di focalizzare la ricerca “su quell’azione gigantesca che condotta dai tedeschi ( o nazisti) riguardò molte centinaia di migliaia di italiani in divisa che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, e nei periodi successivi, furono disarmati, in Italia e su tutti i fronti di guerra. Furono italiani imprigionati  negli Oflag / Stalag, veri e propri Lager che a differenza degli altri ove furono uccisi molti milioni di cittadini europei , non erano di sterminio”. Ancor oggi, ha sottolineato Stimolo, dei circa 700.000 militari deportati e internati, la Banca Dati LeBI – Lessico Biografico IMI – cofinanziato dal fondo italo tedesco per il futuro, gestita da L’ANRP – Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari, i nominativi inseriti nel database sono 291.386, i nominativi convalidati sono 151.917. La ricerca ha molto ancora da fare.

Lo storico contributo di Nunzio Di Francesco

“Non esiste un elenco complessivo ma un sistema di ricerca tramite conoscenza del cognome. Non sappiamo con certezza quanti furono i siciliani e i catanesi che furono costretti a diventare IMI. Certamente, furono parecchie decine di migliaia. Nella nostra Regione non sono state mai effettuate, da strutture associative coinvolte o universitarie, ricerche specifiche di merito, sul piano globale regionale e nelle suddivisioni provinciali. Una deficienza significativa che con urgenza dovrebbe essere colmata, sebbene un contributo importante per la ricostruzione nominativa dei deportati fu dato da Nunzio Di Francesco (partigiano, deportato sopravvissuto a Mathausen, ex presidente di Anpi Catania) che aggregò le conoscenza delle diverse Anpi siciliane. Ma anche alla ricerca di Giovanna D’Amico, autrice  nel 2006 de “ I siciliani deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti 1943-1945”; stando alla ricerca- continua Stimolo-  i siciliani deportati sono stati 855; in 372 non fecero più ritorno. I catanesi deportati furono 143, morirono in 70. Tra i tanti ci fu proprio il professor antifascista Carmelo Salanitro, di Adrano, la cui memoria è stata rievocata nel corso dell’evento grazie alla proiezione del pluripremiato cortometraggio “Salanitro” realizzato e diretto da Lavinia Zammataro.

Un programma ricco d’ interventi

Sono intervenuti anche Giuseppe Mazzaglia, vice presidente Anpi provinciale, che ha approfondito il tema storico dello sbarco degli alleati in Sicilia e il maestro Salvo Troina, (su “Cantando la storia”). Le conclusioni sono state affidate a Ivo Vacca, coordinatore nazionale  della Scuola del Popolo intervenuto on line. 

Le applauditissime letture di Aldo Toscano, Luisa La Carrubba e Giovanni Zuccarello sono state tratte dal libro “Fucili e mandolino” e dal libro “Rondò ”di Giuseppe Leonardi.

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