Il “caso Biancavilla”, oggi proiezione di “Amianto” e dibattito sui veleni che hanno segnato il comune

Per la Fillea Cgil l’appuntamento di oggi ad AciCastello potrebbe segnare la data d’inizio di un nuovo corso sul “caso Biancavilla”, il comune etneo che registra decine di decessi all’anno per mesotelioma pleurico. Colpa della fluoro-edenite, il minerale che provoca il cancro a chi vi si espone inconsapevolmente, al pari dell’ amianto. 

E non a caso si intitola “Amianto, i veleni di Biancavilla”, la video inchiesta del regista Alberto Castiglione, realizzata dalla Fillea Sicilia e dalla Fillea di Catania, proiettata per la prima volta stamattina. Ad assistere c’era un pubblico numerosissimo. 

“Da sempre Cgil attenta al problema”

Con i suoi saluti il segretario generale della Cgil di Catania, Carmelo De Caudo, ha ricordato come anche nel 2016 la Camera del Lavoro etnea si concentrò moltissimo sul caso Biancavilla, già noto a livello nazionale, “chiedendo un riconoscimento contributivo e previdenziale ai lavoratori e una bonifica efficace per restituire le aree alla natura, lì dove il danno provocò conseguenze”. Alberto Castiglione ha poi auspicato che l’incontro di oggi sia solo la “prima tappa di un percorso, anche di denuncia, rispetto a ciò che è accaduto e che continua ad accadere a Biancavilla”.

Subito dopo la proiezione è stato il giornalista de “La Sicilia”, Mario Barresi, a coordinare un dibattito sul tema al quale hanno partecipato Bruno Giordano, magistrato in Cassazione, Alfio Mannino, segretario generale di Cgil Sicilia, Giovanni Pistorio, segretario generale di Fillea Cgil Sicilia, Vincenzo Cubito, segretario generale di Fillea Cgil Catania e Melissa Pappalardo, medico chirurgo.

Giordano: “Serve una Procura nazionale del lavoro”

Giordano ha auspicato l’ istituzione di una Procura nazionale del lavoro e non ha nascosto le chiare difficoltà dei magistrati a trattare casi come quelli dei lavoratori biancavillesi colpiti dal mesotelioma: “Pensate a questi processi come contesti in cui le prove si ricavano da archeologie processuali, dove il capannone in cui il lavoratore ammalato lavorava ma che adesso non esiste più, dove cercare verbali dell’ ispettorato del Lavoro degli anni Cinquanta e Sessanta. Un processo dove spesso il datore di lavoro è già morto. La legge, intanto, non dice che abbiamo l’obbligo di bonificare i siti”.

È una sfida per la giustizia, per le istituzioni, ma prima di tutto per le famiglie delle vittime. Il mesotelioma “cova” nel corpo umano anche 40 anni ed è poi difficile contrastarlo e rintracciarne l’esatta provenienza.

Pochi i piani di bonifica dall’amianto

Il sindacato, però, non cede. Alfio Mannino sottolinea che “con le bonifiche siano molto in ritardo; appena il 10% dei comuni possiede piani di bonifica dall’amianto. Questo è un problema grave, che ha ricadute pesanti sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. È necessario un grande investimento sulle bonifiche, con agevolazioni anche ai cittadini per la rimozione dell’amianto. Su questo tema la Regione è latitante, è rimasta lettera morta un protocollo firmato con Cgil, Cisl e Uil che prevedeva un percorso per l’eliminazione dell’amianto e sistemi di smaltimento adeguati. E la situazione è rimasta  quella di sempre con coperture e manufatti che si trovano un po’ ovunque”.

La scommessa della Fillea

Il segretario della Fillea catanese, Cubito, ha sottolineato che quanto accaduto a Biancavilla “sia qualcosa che attiene al tema della giustizia sociale: vivere in paesino “avvelenato”, fra case e strade impregnate di sostanze cancerogene,  ha compromesso non soltanto la salute e la vita stessa di tantissimi cittadini, lavoratrici e lavoratori, ma ha condizionato negativamente la possibilità di sviluppo di un intero territorio”.

A rincarare la dose è proprio il segretario della Fillea Sicilia, Giovanni Pistorio: “Il caso Biancavilla potrebbe aprire anche ampi ed altri scenari su cui occorre far luce: che fine hanno fatto le migliaia di tonnellate, precisamente 97000 metri cubiti, di materiale cavato, contenente fluoro-edenite,  dalla galleria della linea ferroviaria Circumetnea a Biancavilla?”

Proposte e moniti

Ma ci sono anche le proposte del sindacato: “Crediamo inoltre che ideare un sistema simile al bonus 110% possa mettere il paese in condizione di essere riqualificato in tempi non lunghi. Altro tema è quello dei costi che devono sobbarcarsi le ditte artigiane per essere iscritte al registro speciale delle aziende abilitate a lavorare in presenza di materiali speciali. Servirebbe un aiuto. Anche i dintorni di Biancavilla andrebbero monitorati; il sospetto è che i materiali possano essere stati destinati ad opere realizzate in altre parti del territorio”.

Troppi gli interrogativi, dunque, ma resta fermo il monito del medico Melissa Pappalardo, figlia di una vittima di Biancavilla; la professionista dedica gran parte della sua attività all’analisi di  quanto accaduto. E che purtroppo, sta ancora accadendo. “Si tratta di una patologia rara perché correlata a processi territoriali. In luoghi con un problema analogo “lavoro correlato”, come Casale Monferrato, l’impatto è stato diverso. Ogni cittadino dona per la ricerca. Biancavilla tende invece a rinnegare il problema”.

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